
Di seguito il saluto del Cardinale Mario Grech, Segretario Generale della Segreteria Generale del Sinodo, in apertura,il 28 ottobre, del Congresso Internazionale "Dal Concilio al Sinodo. Rilettura di un cammino di Chiesa. A sessant'anni dalla Lumen Gentium" - Pontificia Università Gregoriana (28-30 ottobre 2024).
È con vivo piacere e grande onore che, all’indomani della chiusura della Seconda Sessione della XVI Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, presiedo all’apertura di questo Congresso Internazionale, organizzato congiuntamente dalla Segreteria Generale del Sinodo e dal Collegium Maximum della Pontificia Università Gregoriana.
Potremmo dire che, per qualcosa che si chiude, c’è qualcos’altro che si apre. E ciò anche perché, in realtà, la conclusione della Seconda Sessione non vuole e non deve coincidere con la fine del processo sinodale 2021-2024 sulla sinodalità.
Il Documento finale frutto maturo del consenso raggiunto dall’Assemblea sinodale espresso anche con il voto, formalmente approvato e sottoscritto dal Santo Padre e per sua espressa volontà pubblicato sabato scorso, è ora restituito al Popolo di Dio, nella fedeltà a quella circolarità tra Chiesa universale e Chiese locali che ha fin dall’inizio scandito i ritmi del nostro percorso. Si chiude una fase del discernimento e se ne apre un’altra. Volendo utilizzare altre parole: termina la tappa della celebrazione e prende avvio quella della recezione.
Quest’ultima avrà, all’inizio, certamente bisogno di essere accompagnata e sostenuta mediante quell’opera di attuazione delle conclusioni sinodali che la Costituzione Apostolica Episcopalis communio assegna alla Segreteria Generale del Sinodo, in collaborazione con i competenti organismi della Curia Romana. I Gruppi istituiti da Papa Francesco nello scorso marzo, che continueranno il loro lavoro fino al prossimo anno, ne sono la prima dimostrazione, e altre iniziative seguiranno di sicuro nei mesi a venire.
Al contempo, però, la recezione non è qualcosa che si possa governare dall’alto: i documenti e gli stessi cambiamenti normativi possono favorirla (o all’inverso ostacolarla), ma non bastano da soli a realizzarla, perché essa è un processo di appropriazione vivente e creativa che ha per soggetto l’intero Popolo di Dio: un Popolo che, in forza del sensus fidei che lo Spirito Santo gli assicura, riconosce in quanto è stato stabilito una regola conforme alla sua vita. Si tratta, allora, di un processo ben più lungo e complesso della semplice attuazione, un processo che si fa “in basso” più che “in alto”, chiamando in causa non solo qualche organismo (a Roma o nelle Diocesi), bensì l’intera Ecclesia.
Restituzione alle Chiese significa, evidentemente, restituzione a tutte le diverse componenti del santo Popolo di Dio, che – come dice Papa Francesco in Evangelii gaudium – è «un Popolo dai molti volti» (cfr. nn. 115-118). In primo luogo, il Documento finale è offerto ai vescovi, e con essi ai presbiteri e ai diaconi loro collaboratori nel ministero apostolico. In virtù della loro specifica responsabilità nella Chiesa e per la Chiesa, quel testo li interpella direttamente, domandando loro di lasciarsene provocare in profondità e, insieme, di farsene portavoce presso i fedeli affidati alle loro cure pastorali.
Ma, inseparabilmente, questo Documento è offerto anche a tutti gli altri membri del Popolo di Dio, membri tra i quali un posto speciale deve essere riconosciuto alle teologhe e ai teologi, come pure, più in generale, agli studiosi delle diverse discipline. In questi anni, il percorso sinodale si è avvalso in varie forme della competenza dei teologi, i quali hanno offerto un contributo imprescindibile in tutte le sue fasi e in tutti i suoi documenti: non solo i teologi che figurano negli elenchi ufficiali, ma tantissimi altri che da ogni parte dell’Orbe cattolico hanno inviato i loro apporti e che, si spera, continueranno a farlo.
Proprio dalla consapevolezza del ruolo che le teologhe e i teologi possono svolgere nel plasmare il volto sinodale della Chiesa – anzitutto formando a una cultura della sinodalità le menti dei pastori e degli altri fedeli – è scaturito il seguente passaggio del Documento Finale:
Tra i molti servizi ecclesiali, l’Assemblea [sinodale] ha riconosciuto il contributo all’intelligenza della fede e al discernimento offerto dalla teologia nella varietà delle sue espressioni. Teologi e teologhe aiutano il Popolo di Dio a sviluppare una comprensione della realtà illuminata dalla Rivelazione e a elaborare risposte idonee e linguaggi appropriati per la missione. […] «La sinodalità ecclesiale impegna […] i teologi a fare teologia in forma sinodale, promuovendo tra loro la capacità di ascoltare, dialogare, discernere e integrare la molteplicità e varietà delle istanze e degli apporti» (CTI, n. 75). In questa linea, è urgente favorire, attraverso opportune forme istituzionali, il dialogo tra i Pastori e coloro che sono impegnati nella ricerca teologica. L’Assemblea invita le istituzioni teologiche a proseguire la ricerca volta a chiarire e approfondire e chiarire il significato della sinodalità e accompagnare la formazione nelle Chiese locali (n. 67).
Non credo di sbagliare se dico che, in ordine di tempo, la Pontificia Università Gregoriana è la prima a recepire quest’ultimo invito per mezzo del presente Congresso internazionale: l’invito, cioè, a far avanzare la ricerca intorno al significato teorico e alle implicazioni pratiche della teologia della sinodalità, e a farlo “insieme”, nell’ascolto e nel confronto, cioè appunto in stile autenticamente sinodale.
A voi, docenti e studenti di teologia, si chiede in particolare, per fare riferimento al tema specifico di questo Congresso, di mostrare in che modo il processo sinodale – utilizzando di nuovo le parole del Documento Finale – «costituisce un vero atto di ulteriore recezione del Concilio, ne prolunga l’ispirazione e ne rilancia per il mondo di oggi la forza profetica» (n. 5). Il Sinodo, in effetti, non ha inteso inventare cose nuove, ma proseguire sul sentiero avviato dal Vaticano II, il quale, ritornando alle fonti della Sacra Scrittura e della vivente Tradizione ecclesiale, ha desiderato colmare il “contrattempo” tra il passo della Chiesa e il passo dell’umanità, sforzandosi di rendere la comunità delle figlie e dei figli di Dio più fedele alla volontà di Cristo e, proprio per questo, più solidale con gli uomini del nostro tempo.
La coincidenza tra lo svolgimento del processo sinodale e il sessantesimo anniversario della celebrazione del Concilio – in particolare della promulgazione della Costituzione dogmatica Lumen gentium, che ricorrerà il prossimo 21 novembre – è, dunque, a dir poco provvidenziale. Il mio augurio è, in tal senso, che queste giornate di studio aiutino a esplicitare meglio le implicazioni profonde esistenti tra ecclesiologia conciliare e sinodalità ecclesiale, in vista di quel rinnovamento missionario della Chiesa rispetto al quale la teologia possiede una specifica responsabilità.